Biografia

Nato San Sosti (Cosenza) nel 1924, Mario Carbone apprende giovanissimo il mestiere di fotografo – dal ritocco alla stampa, dalle foto-tessera ai ritratti degli sposini, svolgendo un lungo apprendistato (che passa dal laboratorio fotografico dello zio a Cosenza a vari studi fotografici a Napoli e a Milano dove lavora nello studio di Elio Luxardo. Dopo una breve esperienza come fotografo di scena nel film “I pompieri di Viggiù di Mario Mattoli del 1949, Carbone capisce che può già svolgere, grazie alla conoscenze tecniche acquisite negli anni precedenti, l’attività di direttore della fotografia. “Illuminare la scena scegliere l’inquadratura giusta era un lavoro che già io sapevo fare”.) . Nel 1955 si trasferisce a Roma e inizia la sua attività in ambito cinematografica come operatore, direttore della fotografia e quindi regista di documentari. Per molti anni continua comunque a collaborare con altri registi di non fiction, fra cui Libero Bizzarri, Romano Scavolini e Raffaele Andreassi. Per quest’ultimo cura la fotografia de I vecchi (1959), conquistando così il suo primo Nastro d’Argento.

Con una propria cinepresa, decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali: un’attività quasi volontaria, che prosegue per tutti gli anni sessanta, anche grazie al rapporto che si stabilisce con la Unitelefilm, la società di produzione promossa dal Partito Comunista Italiano. Nel corso del decennio, racconta le lotte operaie alla Zanussi (Uomini nella fabbrica, 1964), l’occupazione delle terre a Melissa, in Calabria (Sedici anni dopo, 1967), la condizione del lavoro contadino (Dove la terra è nera 1966), nonché la rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma nel fatidico 1968.
Oltre che per i documentari di impronta neorealistica, Carbone si fa notare per il linguaggio moderno, da inchiesta giornalistica, dei suoi corti, che affrontano un ampio spettro di tematiche sociali: handicap e malattia (Anche noi parliamo, 1967; Alla fine dell’arcobaleno, 1968), barriere architettoniche urbane (La città ci è nemica, 1962), conflitti generazionali e nuove mode giovanili (Il muro dei giovani, 1961; Capelli fuori legge, 1962; Mini show, 1963).

Nel 1964 vince il Nastro d’Argento con un documentario sull’abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria). Lo stesso anno parte per l’India, dove realizza con Giuseppe Ferrara due film prodotti dall’Eni, cogliendo l’occasione per fotografare scene di vita quotidiana nelle grandi città (Calcutta, Bombay, Madras, New Delhi), ma anche in villaggi sperduti. Alcune di queste foto, sono state riproposte nella mostra e nel volume “Paralleli. India-Italia anni Sessanta” (Gangemi, 2006).
Nel 1967, conquista il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia con Firenze, novembre 1966, folgorante testimonianza in bianco e nero sulla drammatica alluvione, confezionato con testi di Vasco Pratolini letti da Giorgio Albertazzi. Come altri documentaristi della sua generazione, Carbone ha coltivato la passione per un cinema capace di eleggere a soggetto l’attualità sociale e civile, ma anche quella culturale: l’arte, la letteratura, la musica e il teatro.

Già nel 1960, Carlo Levi gli chiede di accompagnarlo in un viaggio in Lucania per documentare fotograficamente i luoghi del suo Cristo si è fermato a Eboli. Carbone scatta circa quattrocento foto, alcune delle quali confluiranno poi nel libro ”Viaggio in Lucania con Levi” (1980) e nel documentario dedicato allo scrittore-pittore, Omaggio a Carlo Levi (1983). Sempre nel 1960 sceglie Franco Angeli -uno degli artisti della cosiddetta scuola di Piazza del Popolo, con il quale all’epoca Carbone divide lo studio, come soggetto e protagonista del suo primo cortometraggio: Inquietudine.

Proprio grazie a questo a lavoro di docu-fiction, Cesare Zavattini lo invita a collaborare, in qualità di operatore e regista, al film-inchiesta, a più mani, I Misteri di Roma (1963), in cui quindici giovani autori raccontano la vita di una città travolta dall’esplosione demografica e dal boom economico. Si moltiplicano i documentari dedicati agli artisti, grazie al rapporto personale che Carbone stringe con alcuni di coloro che a Roma gravitano fra via Margutta e Piazza del Popolo (Renzo Vespignani, Antonietta Raphaël Mafai, Titina Maselli, Tano Festa) e grazie anche all’impegno di sua moglie, Elisa Magri, che fra gli anni Sessanta e Settanta, dirige la galleria d’arte Ciak.

Con una casa di produzione fondata ad hoc, la DARC, Carbone realizza serie divulgative destinate alle scuole (Attraverso l’arte moderna, 1979), programmi per la tv (Astisti allo specchio, a cui partecipano maestri di generazioni e scuole diverse: da Enrico Baj a Mimmo Paladino, da Carla Accardi a Mario Schifano), ma anche documentari legati a singoli eventi artistici.
Nel 1970, si reca a Milano dove, in occasione del decennale della costituzione del Nouveau Réalisme, diversi esponenti del gruppo -fra cui Christo, Mimmo Rotella, Niki de Saint-Phalle, Cesàr, Arman, Spoerri, Jean Tinguely e il critico Pierre Restany- si esibiscono in una serie di performance, destinate a sovrapporsi a un corteo di operai, come Carbone sceglie di sottolineare. In questi lavori, non rinuncia mai a scattare qualche foto, riuscendo talvolta a eseguire, nell’ambito di un unico progetto, un duplice lavoro di documentazione foto-cinematografica. E’ quanto accadde nel 1977, in occasione delle Settimana internazionale della Performance alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, dove con entrambi i media segue, fra gli altri, gli interventi di Marina Abramović e Ulay, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Vettor Pisani.
Nel corso degli anni Novanta, con la fine di Astisti allo specchio e quando ormai l’elettronica sostituisce definitivamente il cinema documentario, Carbone è costretto a chiudere la sua casa di produzione e a disfarsi delle sue preziose macchine da presa e moviole.

Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le ricerche e gli eventi espositivi legati al lavoro di Mario Carbone, il suo straordinario archivio foto-cinematografico attende tutt’ora di essere adeguatamente valorizzato in maniera organica.


Documentario “Mario Carbone, il fotografo con la macchina da presa”

MARIO CARBONE - Il fotografo con la macchina da presaSINOSSI
Nel contesto della storia politica, sociale, culturale e artistica italiana dalla fine degli anni Cinquanta in poi, il documentario si sviluppa attraverso il punto di vista di Mario Carbone, fotografo e documentarista che ne è stato testimone e ha fatto dell’osservazione diretta la sua professione. Dal viaggio con Carlo Levi in Lucania nel 1960 alle prime immagini dell’alluvione di Firenze del 1966, dal terremoto del Belice del 1968 alla manifestazione studentesca di Valle Giulia, Mario Carbone opera con la macchina da presa e con quella fotografica in quello che egli stesso definisce “un modo intuitivo, spontaneo e non meditato”.
Ha vissuto da protagonista gli anni del secondo dopo guerra, della rivoluzione industriale, del benessere e della povertà, dell’arte contemporanea, documentandoli in innumerevoli opere, in una storia che parla per immagini. Nel corso della sua lunga carriera ha collaborato con importanti esponenti del mondo letterario e cinematografico italiano come Carlo Levi, Vasco Pratolini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Cecilia Mangini, Luigi Di Gianni, Giuseppe Ferrara e Libero Bizzarri.
Dagli anni 50 in poi è stato a stretto contatto con i rappresentanti del movimento artistico della “Scuola di Piazza del Popolo”, documentando le opere di artisti quali Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Francesco Lo Savio, e poi di Mimmo Rotella e Aldo Turchiaro.
La sua ricerca si è sempre rivolta verso gli uomini semplici, i contadini, i vecchi e i bambini e non è mai venuto meno al suo ruolo specifico di documentarista sia con l’uso della macchina fotografica che con la cinepresa. Questo documentario intende raccogliere e rendere note testimonianze e dettagli da lui raccolti – con “la nota ma non sufficientemente celebrata attività di documentarista – che rappresentano una parte importante del patrimonio storico e culturale calabrese e del meridione in generale, così vicino e così dimenticato.

Genere: documentario biografico
Autore: Giuseppe D’Addino
Durata: 55′, Formato: 16:9, 1080/25P, Anno: 2012
Counsulenza: Silvia Lelli, antropologa
Metodologia: La metodologia è etnografica: niente troupe, spesso un solo operatore/regista, un consulente, nessuna manipolazione dei contesti e delle riprese: una telecamera non invasiva che interagisce, ammessa entro confini sottili tra il pubblico e il privato. Ne risulta una documentazione antropologica, psicologica, artistica che favorisce la riflessione sull’importanza dell’opera del soggetto ripercorsa attraverso il racconto in prima persona.
Oltre al materiale video attuale verrà utilizzato anche l’ingente collezione video-fotografica dell’archivio Mario Carbone, dell’Aamod (Archivio Audiovisivo Movimento Operaio) e il materiale d’archivio di altre case di produzione operanti dagli anni 50’ in poi.

Con la partecipazione di:
Blasco Giurato, direttore della fotografia
Cecilia Mangini, fotografa e documentarista
Elisa Magri, moglie di Mario ed esperta d’arte
Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria
Gianfranco Arciero, docente di Storia e tecniche della fotografia, Univ. Roma Tre (DAMS)
Giuseppe Ferrara, regista e critico cinematografico
Giuseppe Salerno, critico d’arte
Paola Scremin, critica cinematografica
Silvia Lelli, docente di Antropologia presso l’Università di Firenze


Firenze,novembre ’66 – 55° Festival dei Popoli, Firenze

Al Matinée del 55° Festival dei Popoli, al Cinema Odeon, è stato proiettato, alla presenza dell’autore il documentario “Firenze, novembre 66″.
Regia e fotografia: Mario Carbone, Produzione: Elisa Magri, testo: Vasco Pratolini;
voce fuori campo: Giorgio ALbertazzi; musica, Franco Potenza; durata: 24′, B/N.
Leone San Marco al festival di Venezia, Nastro d’Argento dalla Giuria Ass. Critici Cinematografici Italiani per la migliore fotografia in bianco e nero.

Il Festival dei Popoli di Firenze accoglie il ritorno di Mario Carbone con il suo documentario sull’alluvione del ’66. Sono passati quasi 50 anni ma il suo lavoro mantiene intatto il suo straordinario impatto sugli spettatori che gli hanno tributato il giusto riconoscimento con un lungo e caloroso applauso.

Il documentario di Carbone è stato introdotto da Alberto Lastrucci, presidente del FdP e dal sindaco di Firenze, Dario Nardella che oltra a congratularsi con l’autore e manifestargli gratitudine per il suo lavoro di documentarista e fotografo si è impegnato a restaurare la copia in pellicola di Firenze, novembre 66 nell’ambito delle celebrazioni del 50° anniversario dell’alluvione.

15299585904_b7f94ef8c6_ofoto di Ilaria Costanzo

Proiezione documentario “Firenze, novembre 66″

  Nell’ambito del 55° Festival dei Popoli, al Cinema Odeon, verrà propiettato, alla presenza dell’autore e con ingresso, libero il documentario “Firenze, novembre 66″.
Regia e fotografia: Mario Carbone, testo: Vasco Pratolini;
voce fuori campo: Giorgio ALbertazzi; musica, Franco Potenza; durata: 24′, B/N.
Leone San Marco al festival di Venezia, Nastro d’Argento dalla Giuria Ass. Critici Cinematografici Italiani per la migliore fotografia in bianco e nero.
Il film mostra i problemi, le realtà culturali, sociali ed umane all’indomani dello straripamento dell’Arno del ’66 a Firenze ed è una testimonianza in tempo reale dei soccorsi da parte delle vicine città, dei militari, degli studenti e dei volontari che si sono prodigati per arginare i danni non solo negli edifici ma anche della Biblioteca nazionale, della Basilica di Santa Maria del Fiore e della chieda di Santa Croce.
Le immagini sono accompagnate dal testo di Vasco Pratolini, recitato dalla voce fuori campo di Giorgio Albertazzi. La musica, realizzata da Franco Potenza, fa da sottofondo ma nelle scene più tristi viene osservato un rigoroso silenzio.

Alcune sequenze di “Firenze, novembre 66″ sono commentate direttamente dalle persone coinvolte nel triste evento, registrate e montate poi come commento alla immagini. Il documentario è girato con pellicola in bianco e nero ma non per scelta artistica ma tecnica, dovuta al fatto di poter girare anche in ambienti con poca luce e di notte.
La critica rileva come la forza che si sprigiona dalle immagini della realtà, risieda “nella povertà quasi programmatica” dei mezzi dispiegati.

2 img firenze 66


“Mario Carbone, il fotografo con la macchina da presa” – Presentazione

Incontro dedicato al fotografo e documentarista Mario Carbone, a conclusione dell’esposizione “I volti, le pietre, la città Mario Carbone  Emilio Gentilini 1952 – 1985”.
Per la prima volta a Roma sarà presentato il documentario dedicato al Maestro e realizzato da Giuseppe D’Addino “Mario Carbone, il fotografo con la macchina da presa (60’)”.

pres doc foto di Ciriaca CorettiIl filmato sintetizza il lungo percorso professionale ed artistico di Mario Carbone che, attraverso le fotografie e i documentari, ha ricostruito la storia sociale, culturale ed artistica del nostro paese, dalla fine degli anni Cinquanta ai nostri giorni.

 

 

A seguire sarà proiettato il cortometraggio di Donatella Occhiuzzi e Giuseppe Castelli Questo è Mario (10’).
Sarà presente il Dirigente Pierluigi Mattera e il Curatore Responsabile del Museo di Roma in Trastevere, Silvana Bonfili.
Alle proiezioni seguiranno gli interventi di Manuela Fulgenzi, giornalista photo editor e dell’autore Giuseppe D’Addino, documentarista.
A conclusione dell’evento sarà possibile visitare la mostra.


Proiezione doc durante la mostra: I volti, le pietre, la città

In occasifoto di Manuela de Leonardisone dell’allestimento di oltre 100 stampe fotografiche di Mario Carbone ed Emilio Gentilini, appartenenti alla collezione del Museo di Roma in Trastevere, “I volti, le pietre, la città. Mario Carbone Emilio Gentilini 1952-1985”, presso la Sala-video del Museo è programmata la visione di alcuni documentari.

Titolo: Un ladro di immagini. Videointervista a Mario Carbone
Durata: 58’, Formato: 4:3, MPG 2
Genere: documentario biografico
Autore: Donatella Occhiuzzi, curatore beni culturali/demoantropologo
Operatore: Pino Castelli, Anno: 2013

Titolo: Da Trastevere a Isfahan, ovvero l’elogio dell’irrequietezza. Videointervista ad Emilio Gentilini
Durata: 27’, Formato: 4:3, MPG 2
Genere: documentario biografico
Autore: Donatella Occhiuzzi, curatore beni culturali/demoantropologo
Operatore: Pino Castelli, Anno: 2013

Titolo: Trastevere. Per ogni fotografia c’è una storia. Videointervista ad Emilio Gentilini
Durata: 24’, Formato: 4:3, MPG 2
Genere: documentario biografico
Autore: Donatella Occhiuzzi, curatore beni culturali/demoantropologo
Operatore: Pino Castelli, Anno: 2013

Titolo: Inquietudine
Durata: 12’, Formato: 4.3
Genere: documentario artistico
Autore ed operatore: Mario Carbone, Anno: 1960

Titolo: Artisti allo specchio. Tano Festa
Durata: 28’, Formato: 4:3
Genere: documentario artistico
Autore ed operatore: Mario Carbone, Anno:1964

Titolo: Zoomm Track!
Durata: 10’, Formato: 4:3
Genere: documentario artistico
Autore ed operatore: Mario Carbone, Anno: 1968


I volti, le pietre, la città M. Carbone – E. Gentilini

I volti, le pietre, la città MARIO CARBONE – EMILIO GENTILINI
1952-1985, fotografie dalla collezione del Museo di Roma in Trastevere,
Museo di Roma in Trastevere, 1 mar – 13 ott 2013

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È una Roma pittoresca in cui si colgono già i segnali del cambiamento, quella raccontata dalle immagini di Mario Carbone ed Emilio Gentilini. A questi due grandi fotografi romani, dal 1° marzo al 5 maggio, il Museo di Roma in Trastevere dedica la mostra I volti, le pietre, la città. Mario Carbone – Emilio Gentilini che raccoglie oltre 100 fotografie provenienti dalla collezione del Museo di Roma in Trastevere e dalla collezione privata dell’archivio di Carbone, in fase di acquisizione da parte del Museo, grazie alla generosa donazione del fotografo.

L’esposizione è promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina, a cura di Silvana Bonfili e Donatella Occhiuzzi con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

L’intento è quello di valorizzare e rendere visibile al pubblico parte dell’immensa collezione fotografica del museo trasteverino che si avvale anche di importanti fondi fotografici. Alcune delle immagini in mostra, scattate tra il 1952 e il 1985, non sono mai state esposte al pubblico.
Molte le affinità tra i due autori, come la scelta rigorosa del bianco e nero e il soffermarsi sui volti espressivi delle persone. Differenti invece la poetica e le tematiche oggetto delle fotografie.

Le immagini di Mario Carbone si distinguono per una poetica realista che documenta luoghi ed individui colti con nitida coerenza sia nelle istantanee che ritraggono ambulanti e operai nei rioni della città popolare, sia in quelle che documentano le vie dell’arte o della moda (Via Margutta, Via Veneto, Piazza del Popolo), frequentate da signore eleganti e personaggi famosi. Lo sguardo di Carbone si fa più antropologico nelle fotografie che ritraggono i fedeli in visita a San Pietro con il sacerdote che fa da cicerone o le turiste devote inginocchiate con i loro abiti stravaganti. Le donne e gli uomini ritratti nella semioscurità delle osterie (si veda la famosa immagine Osteria del Vero Albano) sono invece pervase da una vena di struggente malinconia. Le immagini di Roma degli anni Settanta e Ottanta del XX secolo danno invece più spazio alle tematiche sociali: le manifestazioni politiche e di protesta, la scena “povera” e le pareti spoglie di cantine e garage adattate a palcoscenici dove Carbone ritrae l’avventura irripetibile dei teatri d’avanguardia romani.

Emilio Gentilini circoscrive la sua indagine per immagini, negli anni Settanta dello scorso secolo; in particolare nel rione popolare di Trastevere. Luoghi e personaggi esprimono carica vitale ed
energia: piazze e vie sono ingombre di persone e dei loro spesso poveri “strumenti del mestiere”. La città è ancora vissuta nella comune partecipazione di spazi e ritualità quotidiane e festive.
Gentilini osserva e ritrae, con ironia e personale leggerezza, una Roma intenta e indaffarata in molteplici attività, personaggi alle prese con lavori scaturiti da una creatività spesso tutta romana,
lavori stanziali ed ambulanti (le botteghe storiche, ma anche le improvvisate vendite di generi alimentari davanti alla soglia di casa, la raccolta di cartoni etc.).

Dunque i due autori ci restituiscono attraverso queste immagini un patrimonio prezioso di umanità generosa e vitale che si fonde con la storia stessa della città che abitano.
Ed è Renato Nicolini, nel testo introduttivo del catalogo dedicato a Gentilini del 2006, ad evidenziare il valore di queste immagini fotografiche come ”bene culturale”, capace di cogliere le
mutazioni del tempo e degli spazi urbani, che ora, di nuovo esposte ridanno senso e identità alle collezioni permanenti e agli stessi spazi museali: ”I luoghi di Roesler Franz debbono lasciare il posto ai volti degli individui, alle epifanie improvvise e brucianti che questi suggeriscono, senza più alcuna regola che possa portare alla prospettiva più ampia del quadro di genere. Il genius loci restringe il proprio campo d’azione nel passaggio dal pittore al fotografo…
Il Museo di Roma in Trastevere, che sta trovando nella fotografia la sua caratteristica, è lo strumento più adatto per interrogarsi su questo argomento. Non tutte le trasformazioni sono uguali; e sono i musei della città, questo nuovo tipo di spazio pubblico, le istituzioni appropriate per interrogarsi sull’argomento, e, perlomeno vivere la trasformazione con consapevolezza”.

Scheda Info Mostra: I volti, le pietre, la città. MARIO CARBONE EMILIO GENTILINI 1952 – 1985, fotografie dalla collezione del Museo di Roma in Trastevere
Anteprima stampa giovedì 28 febbraio ore 11- 13
Inaugurazione giovedì 28 febbraio ore 18, apertura al pubblico 1 marzo – 13 ottobre 2013
Museo di Roma in Trastevere Piazza S. Egidio, 1B, Orari martedì-domenica 10.00-20.00
la Biglietteria chiude alle ore 19.00, Biglietti Intero €7,50; ridotto € 6,50; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente Enti proponenti Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina
Mostra a cura di Silvana Bonfili e Donatella Occhiuzzi
Zètema Progetto Cultura
Sponsor Sistema Musei Civici Acea; Banche tesoriere di Roma Capitale: BNL Gruppo BNP, Paribas,UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena; Acqua Claudia; Finmeccanica; Lottomatica; Vodafone Con il contributo tecnico di Atac; La Repubblica
Info Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)
www.museodiromaintrastevere.itwww.060608.it
Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura
Giusi Alessio g.alessio@zetema.it www.zetema.it
twitter@Zetemauffstampa

 

Premi e riconoscimenti

Nel 1959 vince il Nastro d’Argento per la fotografia del documentario “I vecchi” di Raffaele Andreassi.

Nel 1964 vince il Nastro d’Argento con un documentario sull’abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria).

Nel 1967, conquista il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia con Firenze, novembre 1966, folgorante testimonianza in bianco e nero sulla drammatica alluvione, confezionato con testi di Vasco Pratolini letti da Giorgio Albertazzi.